domenica 9 novembre 2008

Maccabei 2 - LOTTA DI GIUDA CONTRO I POPOLI VICINI E CONTRO LISIA, MINISTRO DI EUPATORE

VI. LOTTA DI GIUDA CONTRO I POPOLI VICINI E CONTRO LISIA, MINISTRO DI EUPATORE

Inizio del regno di Antioco Eupatore

[9]Tali furono le vicende riguardanti la morte di Antioco chiamato Epìfane. [10]Ora invece esporremo le cose accadute sotto Antioco Eupàtore, figlio di quell'empio, sunteggiando le principali sventure connesse alle guerre. [11]Costui, dunque, succeduto nel regno, nominò capo degli affari politici un certo Lisia, primo stratega della Celesiria e della Fenicia. [12]Tolomeo, chiamato Macrone, preferendo osservare la giustizia nei riguardi dei Giudei, a causa dei torti che erano stati fatti loro, cercava di svolgere i rapporti con loro pacificamente. [13]Per questo motivo fu accusato dagli amici presso l'Eupàtore ed egli, sentendosi spesso chiamare traditore per aver abbandonato Cipro a lui affidata dal Filomètore ed essere passato dalla parte di Antioco Epìfane, né potendo esercitare con onore la carica, preso il veleno, pose fine alla propria vita.

Gorgia e le fortezze idumee

[14]Gorgia, divenuto stratega della regione, assoldava stranieri e teneva viva la guerra contro i Giudei. [15]Insieme con lui anche gli Idumei, che occupavano fortezze strategiche, lottavano contro i Giudei e, dando asilo a tutti i fuorusciti da Gerusalemme, cominciarono a fomentare la guerra. [16]Pertanto gli uomini del Maccabeo, dopo aver innalzato preghiere e supplicato Dio che si facesse loro alleato, mossero contro le fortezze degli Idumei [17]e, attaccandole con energia, si impadronirono delle posizioni, respinsero quelli che combattevano sulle mura e uccisero quanti erano venuti a tiro; ne uccisero così non meno di ventimila.[18]Non meno di novemila tuttavia fuggirono in due torri fortificate a regola d'arte e fornite di tutto l'occorrente per sostenere l'assedio. [19]Allora il Maccabeo, lasciando Simone e Giuseppe e inoltre Zaccheo e i suoi uomini, sufficienti per quell'assedio, si recò in zone più critiche. [20]Ma gli uomini di Simone, vinti dalla prospettiva del guadagno, si lasciarono persuadere per denaro da alcuni che erano nelle torri e, ricevute settantamila dramme, ne lasciarono fuggire alcuni.[21]Quando fu riferito al Maccabeo l'accaduto, radunati i capi del popolo, li accusò di aver venduto per denaro i loro fratelli, dando libertà ai loro nemici.[22]Fece giustiziare coloro che si erano resi colpevoli di tradimento e senza indugio espugnò le due torri. [23]Essendo ben riuscito in tutto con le armi in mano, mise a morte nelle due fortezze più di ventimila uomini.

Giuda batte Timoteo e prende Ghezer

[24]Timòteo, che prima aveva perduto di fronte ai Giudei, assoldando ora forze straniere in gran numero e radunando la cavalleria dell'Asia, che non era meno numerosa, avanzò con l'intenzione di soggiogare la Giudea con le armi. [25]Gli uomini del Maccabeo al suo avvicinarsi, si cosparsero il capo di polvere per la preghiera a Dio e, cintisi i fianchi di sacco, [26]si prostrarono sul rialzo davanti all'altare e lo supplicarono che si mostrasse loro propizio e fosse nemico dei loro nemici e avversario dei loro avversari, secondo l'espressione della legge. [27]Terminata la preghiera, presero le armi e uscirono dalla città per un bel tratto. Quando furono vicini ai nemici, si fermarono. [28]Appena spuntata la luce del mattino, iniziò l'attacco dalle due parti, gli uni avendo a garanzia del successo e della vittoria gloriosa la fiducia nel Signore, gli altri ponendo come guida nel conflitto il loro ardire. [29]Accesasi una lotta durissima, apparvero dal cielo ai nemici cinque uomini splendidi su cavalli dalle briglie d'oro, che guidavano i Giudei. [30]Essi presero in mezzo il Maccabeo e, riparandolo con le loro armature, lo rendevano invulnerabile; contro gli avversari invece scagliavano dardi e folgori ed essi, confusi e accecati, si dispersero in preda al disordine. [31]Ne furono uccisi ventimilacinquecento e seicento cavalieri. [32]Lo stesso Timòteo dovette rifugiarsi nella fortezza chiamata Ghezer, ben munita, dove era comandante Chèrea. [33]Ma i soldati del Maccabeo assediarono con entusiasmo la fortezza per quattro giorni. [34]Gli assediati, fidando delle fortificazioni del luogo, bestemmiavano in modo orribile e lanciavano empie frasi. [35]Alle prime luci del quinto giorno, venti giovani del Maccabeo, accesi di sdegno per le bestemmie, prese d'assalto le mura coraggiosamente e con selvaggio furore, travolsero chiunque trovarono. [36]Anche altri, attaccando con una manovra di aggiramento, incendiarono le torri e, accesi dei fuochi, bruciarono vivi i bestemmiatori; altri ancora sfondarono le porte e fatto entrare il resto dell'esercito affrettarono la presa della città. [37]Uccisero Timòteo che si era nascosto in una buca e il fratello di lui Chèrea e Apollòfane. [38]Terminata l'impresa, con canti e inni di riconoscenza benedicevano il Signore che aveva magnificamente favorito Israele e concesso loro la vittoria.

Maccabei 2 - Capitolo 11

Prima campagna di Lisia

[1]Dopo brevissimo tempo Lisia, tutore e parente del re e incaricato degli affari di stato, mal sopportando l'accaduto, [2]raccolti circa ottantamila uomini e tutta la cavalleria, mosse contro i Giudei, calcolando di ridurre la città a dimora dei Greci, [3]di imporre tasse al tempio come agli altri edifici di culto dei pagani e di mettere in vendita ogni anno il sommo sacerdozio. [4]Egli non considerava per niente la potenza di Dio, ma si appoggiava sulla potenza di migliaia di fanti, sulle migliaia di cavalli e sugli ottanta elefanti. [5]Entrato nella Giudea e avvicinatosi a Bet-Zur, che era una posizione fortificata distante da Gerusalemme circa venti miglia, la cinse d'assedio. [6]Quando gli uomini del Maccabeo vennero a sapere che quegli assediava le fortezze, tra gemiti e lacrime supplicarono con tutto il popolo il Signore che inviasse il suo angelo buono a salvare Israele. [7]Lo stesso Maccabeo, cingendo per primo le armi, esortò gli altri ad esporsi con lui al pericolo per andare in aiuto dei loro fratelli: tutti insieme partirono con coraggio. [8]Mentre si trovavano ancora vicino a Gerusalemme, apparve come condottiero davanti a loro un cavaliere in sella, vestito di bianco, in atto di agitare un'armatura d'oro. [9]Tutti insieme benedissero Dio misericordioso e si sentirono così rafforzati in cuore, che erano pronti ad assalire non solo gli uomini ma anche le bestie più feroci e mura di ferro. [10]Procedevano in ordine, con un alleato venuto dal cielo, per la misericordia che il Signore aveva avuto di loro. [11]Gettatisi come leoni sui nemici, ne stesero al suolo undicimila e milleseicento cavalieri, tutti gli altri li costrinsero a fuggire. [12]Costoro in gran parte riuscirono a salvarsi feriti e spogliati. Anche Lisia per salvarsi fu costretto a fuggire vergognosamente.

Pace con gli Ebrei. Quattro lettere riguardanti il trattato.

[13]Ma, non privo di intelligenza, pensando alla sconfitta subìta e constatando che gli Ebrei erano invincibili, perché l'onnipotente Dio combatteva al loro fianco,[14]mandò a proporre un accordo su tutto ciò che fosse giusto, assicurando che a questo scopo avrebbe persuaso il re, facendo pressione su di lui perché diventasse loro amico. [15]Il Maccabeo, badando a ciò che più conveniva, acconsentì a tutto quanto Lisia chiedeva. Quanto infatti il Maccabeo aveva presentato a Lisia per iscritto a riguardo dei Giudei, fu accordato dal re. [16]Il contenuto della lettera scritta da Lisia ai Giudei era del seguente tenore:

[17]«Lisia al popolo dei Giudei salute. Giovanni e Assalonne, inviati da voi, ci hanno consegnato la decisione qui sotto riportata e hanno chiesto la ratifica dei punti in essa dichiarati. [18]Quanto era necessario riferire al re, l'ho riferito ed egli ha accordato quanto era accettabile. [19]Se dunque conserverete il vostro buon impegno per gli interessi del regno, procurerò anche in avvenire di esservi causa di favori. [20]Su questi punti e sui particolari ho dato ordine a questi due e ai miei incaricati di trattare con voi. [21]State bene. L'anno centoquarantotto, il ventiquattro del mese di Dioscorinzio».

[22]La lettera del re si esprimeva così:

«Il re Antioco al fratello Lisia salute. [23]Dopo che nostro padre è passato tra gli dei, volendo noi che i cittadini del regno possano tranquillamente attendere ai loro interessi particolari [24]e, avendo sentito che i Giudei, non favorevoli al disegno di ellenizzazione di nostro padre, attaccati invece al loro sistema di vita, chiedono di potersi attenere alle proprie leggi, [25]desiderosi a nostra volta che anche questo popolo sia libero da turbamenti, decretiamo che il tempio sia loro restituito e si governino secondo le tradizioni dei loro antenati. [26]Farai quindi cosa opportuna a inviare loro messaggeri e ad offrire loro la destra perché, conosciuta la nostra decisione, si sentano contenti e riprendano a loro agio la cura delle proprie cose».

[27]La lettera del re indirizzata al popolo era così concepita:

«Il re Antioco al consiglio degli anziani dei Giudei e agli altri Giudei salute. [28]Se state bene, è appunto come noi vogliamo: anche noi godiamo ottima salute.[29]Menelao ci ha rivelato che voi volete tornare a vivere nelle vostre sedi. [30]A quelli che si metteranno in viaggio entro i trenta giorni del mese di Xàntico, sarà garantita sicurezza e facoltà [31]di usare, come Giudei, delle loro regole alimentari e delle loro leggi come prima e nessuno di loro potrà essere molestato da alcuno per le mancanze commesse per ignoranza. [32]Ho anche mandato Menelao per rassicurarvi. [33]State bene. L'anno centoquarantotto, il venticinque del mese di Xàntico».

[34]Anche i Romani inviarono loro questa lettera:

«Quinto Memmio e Tito Manio, legati dei Romani, al popolo dei Giudei salute. [35]Riguardo a ciò che Lisia, parente del re, vi ha accordato, anche noi siamo d'accordo. [36]Riguardo invece a quei punti che egli ha giudicato dover riferire al re, mandate subito uno, dopo aver deliberato tra di voi, perché possiamo esporre le cose in modo conveniente per voi. Noi siamo in viaggio per Antiochia. [37]Mandate dunque in fretta alcuni per farci conoscere di quale parere siete.[38]State bene. L'anno centoquarantotto, il venticinque del mese di Xàntico».

Maccabei 2 - Capitolo 12

I fatti di Giaffa e di Iamnia

[1]Conclusi questi accordi, Lisia ritornò presso il re; i Giudei invece si diedero a coltivare la terra. [2]Ma alcuni dei comandanti dei distretti e precisamente Timòteo e Apollonio, figlio di Gennèo, Ierònimo e Demofonte e, oltre questi, Nicànore, il comandante dei mercenari di Cipro, non li lasciavano vivere tranquilli né procedere in pace. [3]Gli abitanti di Giaffa perpetrarono un'empietà di questo genere: invitarono i Giudei che abitavano con loro a salire con le mogli e con i figli su barche allestite da loro, come se non ci fosse alcuna cattiva intenzione a loro riguardo, [4]ma fosse un'iniziativa di tutta la cittadinanza. Essi accettarono, desiderosi di rinsaldare la pace, e lontani da ogni sospetto. Ma quando furono al largo, li fecero affondare in numero non inferiore a duecento. [5]Quando Giuda fu informato di questa crudeltà compiuta contro i suoi connazionali, diede ordine ai suoi uomini [6]e, invocando Dio, giusto giudice, mosse contro gli assassini dei suoi fratelli e nella notte incendiò il porto, bruciò le navi e uccise di spada quanti vi si erano rifugiati. [7]Poi, dato che il luogo era sbarrato, abbandonò l'impresa con l'idea di tornare un'altra volta e sradicare tutta la cittadinanza di Giaffa. [8]Avendo poi appreso che anche i cittadini di Iamnia volevano usare lo stesso sistema con i Giudei che abitavano con loro, [9]piombando di notte sui cittadini di Iamnia, incendiò il porto con la flotta, così che si vedeva il bagliore delle fiamme fino a Gerusalemme, che è distante duecentoquaranta stadi.

Spedizione in Galaad

[10]Quando si furono allontanati di là per nove stadi, dirigendosi contro Timòteo, non meno di cinquemila Arabi con cinquecento cavalieri irruppero contro Giuda. [11]Ne nacque una zuffa furiosa, ma gli uomini di Giuda con l'aiuto di Dio ebbero la meglio. I nomadi invece, sopraffatti, supplicarono Giuda che stendesse loro la destra promettendo di cedergli bestiame e di aiutarlo in tutto il resto. [12]Giuda, prevedendo che realmente gli sarebbero stati utili in molte cose, acconsentì a far la pace con loro ed essi, strette le destre, tornarono alle loro tende. [13]Attaccò anche una città difesa da contrafforti, circondata da mura e abitata da gente d'ogni stirpe, chiamata Casfin. [14]Quelli di dentro, sicuri della solidità delle mura e delle riserve di viveri, si mostravano insolenti con gli uomini di Giuda, insultandoli, aggiungendo bestemmie e pronunciando frasi che non è lecito riferire. [15]Ma gli uomini di Giuda, dopo aver invocato il grande Signore del mondo, il quale senza arieti e senza macchine ingegnose aveva fatto cadere Gerico al tempo di Giosuè, assalirono furiosamente le mura. [16]Presa la città per volere di Dio, fecero innumerevoli stragi, cosicché il lago adiacente, largo due stadi, sembrava pieno del sangue che vi colava dentro.

La battaglia di Carnion

[17]Allontanatisi di là settecentocinquanta stadi giunsero a Caraca, presso i Giudei chiamati Tubiani; [18]ma da quelle parti non trovarono Timòteo, il quale era gia partito dalla zona, senza aver intrapreso alcuna azione, ma lasciando in un certo luogo un presidio molto forte. [19]Dosìteo e Sosìpatro, due capitani del Maccabeo, in una sortita sterminarono gli uomini di Timòteo lasciati nella fortezza, che erano più di diecimila. [20]Intanto il Maccabeo ordinò il suo esercito dividendolo in reparti, nominò questi al comando dei reparti e mosse contro Timòteo, il quale aveva con sé centoventimila fanti e duemilacinquecento cavalieri.[21]Quando Timòteo seppe dell'arrivo di Giuda, mandò avanti le donne, i fanciulli e tutto il bagaglio nel luogo chiamato Carnion: era questa una posizione inespugnabile e inaccessibile per la strettezza di tutti i passaggi. [22]All'apparire del primo reparto di Giuda, si diffuse tra i nemici il panico e il terrore perché si verificò contro di loro l'apparizione di colui che dall'alto tutto vede, e perciò cominciarono a fuggire precipitandosi chi da una parte chi dall'altra, cosicché spesso erano colpiti dai propri compagni e trafitti dalle punte delle loro spade. [23]Giuda dirigeva l'inseguimento con ogni energia, trafiggendo quegli empi: ne sterminò circa trentamila. [24]Lo stesso Timòteo, caduto in mano agli uomini di Dosìteo e Sosìpatro, supplicava con molta astuzia di essere lasciato sano e salvo, perché tratteneva come ostaggi i genitori di molti di loro e di alcuni i fratelli ai quali sarebbe capitato di essere trattati senza riguardo. [25]Avendo egli con molti discorsi prestato solenne promessa di restituire incolumi gli ostaggi, lo lasciarono libero per la salvezza dei propri fratelli.

[26]Giuda mosse poi contro Carnion e l'Atergatèo e uccise venticinquemila uomini.

Ritorno per Efron e Beisan

[27]Dopo la sconfitta e lo sterminio di questi, marciò contro la fortezza di Efron, nella quale era stanziato Lisia con una moltitudine di gente di ogni razza; davanti alle mura erano schierati i giovani più forti e combattevano vigorosamente, mentre nella città stavano pronte molte riserve di macchine e di proiettili. [28]Avendo invocato il Signore che distrugge con la sua potenza le forze dei nemici, i Giudei fecero cadere la città nelle proprie mani e uccisero venticinquemila di coloro che vi stavano dentro. [29]Ritornati di là, mossero verso Beisan, che dista seicento stadi da Gerusalemme. [30]Ma i Giudei che vi abitavano testimoniarono che i cittadini di Beisan avevano dimostrato loro benevolenza e buona comprensione nel tempo della sventura [31]e questi li ringraziarono e li esortarono ad essere ben disposti anche in seguito verso il loro popolo. Poi si recarono a Gerusalemme nell'imminenza della festa delle settimane.

Campagna contro Gorgia

[32]Dopo questa festa, chiamata Pentecoste, mossero contro Gorgia, stratega dell'Idumea. [33]Questi avanzò con tremila fanti e quattrocento cavalieri.[34]Schieratisi in combattimento, caddero un piccolo numero di Giudei. [35]Un certo Dosìteo, degli uomini di Bacènore, abile nel cavalcare e valoroso, si attaccò a Gorgia e, afferratolo per la clamide, lo trascinava a gran forza volendo prendere vivo quello scellerato; ma uno dei cavalieri traci si gettò su di lui tagliandogli la spalla e Gorgia potè fuggire a Maresa. [36]Poiché gli uomini di Esdrin combattevano da lungo tempo ed erano stanchi, Giuda supplicò il Signore che si mostrasse loro alleato e guida nella battaglia. [37]Poi, intonato nella lingua paterna il grido di guerra che si accompagnava agli inni, diede un assalto improvviso alle truppe di Gorgia e le mise in fuga.

Il sacrificio per i morti

[38]Giuda poi radunò l'esercito e venne alla città di Odollam; poiché si compiva la settimana, si purificarono secondo l'uso e vi passarono il sabato. [39]Il giorno dopo, quando ormai la cosa era diventata necessaria, gli uomini di Giuda andarono a raccogliere i cadaveri per deporli con i loro parenti nei sepolcri di famiglia.[40]Ma trovarono sotto la tunica di ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iamnia, che la legge proibisce ai Giudei; fu perciò a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano caduti. [41]Perciò tutti, benedicendo l'operato di Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, [42]ricorsero alla preghiera, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti quelli del popolo a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto per il peccato dei caduti. [43]Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d'argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione. [44]Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. [45]Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato.

Maccabei 2 - Capitolo 13

Campagna di Antioco V e di Lisia. Supplizio di Menelao

[1]Nell'anno centoquarantanove giunse notizia agli uomini di Giuda che Antioco Eupàtore muoveva contro la Giudea con numerose truppe; [2]era con lui Lisia, suo tutore e preposto agli affari dello stato, che aveva con sé un esercito greco di centodiecimila fanti, cinquemilatrecento cavalli, ventidue elefanti e trecento carri falcati. [3]A costoro si unì anche Menelao, il quale incoraggiava con molta astuzia Antioco, non per la salvezza della patria, ma per la speranza di essere rimesso al suo posto di comando. [4]Ma il Re dei re eccitò l'ira di Antioco contro quello scellerato e, quando Lisia ebbe additato costui come causa di tutti i mali, diede ordine che fosse condotto a Berèa e messo a morte secondo l'usanza del luogo. [5]Vi è là una torre di cinquanta cubiti piena di cenere. Essa ha un ordigno girevole che da ogni lato fa cadere a precipizio sulla cenere. [6]Di lassù chi è reo di sacrilegio o chi ha raggiunto gli estremi in certi altri delitti, tutti lo spingono alla morte. [7]In tal modo l'empio Menelao incontrò la morte e non trovò terra per la sepoltura; [8]giusto castigo poiché, dopo aver commesso molti delitti attorno all'altare dov'erano il fuoco sacro e la cenere, nella cenere trovò la sua morte.

Preghiere e successi dei Giudei presso Modin

[9]Il re avanzava con barbari sentimenti e con l'intenzione di far provare ai Giudei trattamenti peggiori di quelli che avevano subiti sotto suo padre. [10]Quando Giuda seppe queste cose, ordinò al popolo di pregare il Signore giorno e notte, perché, come altre volte, così anche ora aiutasse coloro che erano in pericolo di essere privati della legge, della patria e del tempio santo [11]e non permettesse che il popolo, che aveva appena goduto di un breve respiro, cadesse in mano a quegli infami pagani. [12]Quando ebbero fatto ciò tutti insieme ed ebbero supplicato il Signore misericordioso con gemiti e digiuni e prostrazioni per tre giorni continui, Giuda li esortò e comandò loro di tenersi preparati. [13]Tenuto poi un convegno a parte con gli anziani, decise che si dovesse, con l'aiuto di Dio, risolvere le cose uscendo a battaglia prima che l'esercito entrasse nella Giudea e si impadronisse della città. [14]Affidando poi ogni cura al creatore del mondo, esortò i suoi a combattere da prodi fino alla morte per le leggi, per il tempio, per la città, per la patria, per le loro istituzioni, e pose il campo vicino a Modin.[15]Data ai suoi uomini la parola d'ordine «Vittoria di Dio», con giovani valorosi ben scelti, piombò di notte sulla tenda del re nell'accampamento, uccise circa tremila uomini e trafisse il più grosso degli elefanti insieme con l'uomo che era nella torretta [16]e alla fine riempirono tutto il campo di terrore e confusione; poi se ne tornarono ad impresa ben riuscita. [17]Quando gia spuntava il giorno, la cosa era compiuta, per la protezione del Signore che aveva assistito Giuda.

Antioco V tratta con i Giudei

[18]Il re, avuto questo saggio dell'audacia dei Giudei, tentava con l'astuzia la conquista delle posizioni. [19]Così si spingeva contro Bet-Zur, una ben munita fortezza dei Giudei, ma veniva respinto, aveva sfortuna e falliva; [20]mentre Giuda faceva giungere il necessario agli assediati. [21]Intanto Rodoco, appartenente alle file dei Giudei, aveva rivelato i segreti ai nemici: fu ricercato, preso e tolto di mezzo. [22]Il re tornò a trattare con quelli che erano in Bet-Zur, diede e ricevette la destra di pace e se ne andò. Assalì gli uomini di Giuda ma ebbe la peggio. [23]Ricevette poi notizia che Filippo, lasciato in Antiochia a dirigere gli affari, agiva da dissennato e ne rimase sconcertato; invitò i Giudei a trattare, si sottomise, si obbligò con giuramento a rispettare tutte le giuste condizioni, ristabilì l'accordo e offrì un sacrificio, onorò il tempio e beneficò il luogo. [24]Fece accoglienze al Maccabeo e lasciò Egemònide come stratega da Tolemàide fino al paese dei Gerreni. [25]Venne a Tolemàide, ma i cittadini di Tolemàide si mostrarono malcontenti per quegli accordi; erano irritati contro coloro che avevano voluto abolire i loro privilegi. [26]Salì allora sulla tribuna Lisia, fece la sua difesa meglio che potè, li persuase, li calmò, li rese ragionevoli; poi tornò ad Antiochia. Così si svolse la spedizione del re e il suo ritorno.

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