domenica 9 novembre 2008

Maccabei 2 - PROPAGANDA ELLENISTICA E PERSECUZIONE SOTTO ANTIOCO EPIFANE

Maccabei 2 - Capitolo 4

IV. PROPAGANDA ELLENISTICA E PERSECUZIONE SOTTO ANTIOCO EPIFANE

Misfatti di Simone

[1]Il suddetto Simone, che si era fatto delatore dei beni e della patria, diffamava Onia, come se avesse percosso Eliodòro e fosse stato l'organizzatore dei disordini; [2]osava definire nemico della cosa pubblica il benefattore della città, il protettore dei cittadini, il difensore delle leggi. [3]L'odio era giunto a tal punto che si compirono delle uccisioni da parte di uno dei gregari di Simone; [4]allora Onia, vedendo l'aggravarsi dell'invidia e accorgendosi che Apollonio figlio di Menèsteo, stratega della Celesira e della Fenicia, aizzava la perfidia di Simone, [5]si recò dal re, non per far la parte di accusatore dei suoi concittadini, ma per provvedere al bene comune del popolo e di ciascuno in particolare. [6]Vedeva infatti che senza un provvedimento del re era impossibile ristabilire la pace nella vita pubblica e che Simone non avrebbe messo freno alla sua pazzia.

Il sommo sacerdote Giasone introduce l'ellenismo

[7]Ma, Selèuco essendo passato all'altra vita e avendo preso le redini del governo Antioco chiamato anche Epìfane, Giasone, fratello di Onia, volle procurarsi con la corruzione il sommo sacerdozio [8]e, in un incontro con il re, gli promise trecentosessanta talenti d'argento e altri ottanta talenti riscossi con un'altra entrata. [9]Oltre a questi prometteva di versargli altri centocinquanta talenti, se gli fosse stato concesso di stabilire di sua autorità una palestra e un campo d'addestramento e di erigere una corporazione d'Antiocheni a Gerusalemme. [10]Avendo il re acconsentito, egli, ottenuto il potere, si diede subito a trasformare i suoi connazionali secondo i costumi greci, [11]annullando i favori concessi dal re ai Giudei, ad opera di Giovanni, padre di quell'Eupolemo che aveva guidato l'ambasciata presso i Romani per negoziare il patto d'amicizia e di alleanza, e sradicando le leggi cittadine inaugurò usanze perverse. [12]Fu subito zelante nel costruire una palestra, proprio ai piedi dell'acròpoli, e nell'indurre i giovani più distinti a portare il pètaso. [13]Così era raggiunto il colmo dell'ellenizzazione e la diserzione verso i costumi stranieri per l'eccessiva corruzione dell'empio e falso sommo sacerdote Giasone. [14]Perciò i sacerdoti non erano più premurosi del servizio all'altare, ma, disprezzando il tempio e trascurando i sacrifici, si affrettarono a partecipare agli spettacoli contrari alla legge nella palestra, appena dato il segnale del lancio del disco. [15]Così tenendo in poco conto le glorie patrie stimavano nobilissime le glorie elleniche. [16]Ma appunto a causa di queste li sorprese una grave situazione e si ebbero quali avversari e punitori proprio coloro le cui istituzioni seguivano con zelo e a cui cercavano di rassomigliare in tutto.[17]Non è cosa che resti impunita il comportarsi empiamente contro le leggi divine, come dimostrerà chiaramente il successivo periodo di tempo.

[18]Celebrandosi in Tiro i giochi quinquennali con l'intervento del re, [19]l'empio Giasone inviò come rappresentanti alcuni Antiocheni di Gerusalemme, i quali portavano con sé trecento dramme d'argento per il sacrifico a Ercole; ma questi portatori ritennero non conveniente usarle per il sacrifico, bensì impiegarle per altra spesa. [20]Così il denaro destinato al sacrificio a Ercole da parte del mandante, servì, grazie ai portatori, per la costruzione delle triremi.

Antioco Epifane acclamato a Gerusalemme

[21]Antioco, avendo mandato Apollonio, figlio di Menèsteo, in Egitto per l'intronizzazione del re Filomètore, venne a sapere che costui era diventato contrario al suo governo e quindi si preoccupò della sua sicurezza. Perciò si recò a Giaffa, poi mosse alla volta di Gerusalemme. [22]Fu accolto da Giasone e dalla città con dimostrazioni magnifiche e introdotto con corteo di fiaccole e acclamazioni. Così riprese la marcia militare verso la Fenicia.

Menelao diventa sommo sacerdote

[23]Tre anni dopo, Giasone mandò Menelao, fratello del gia menzionato Simone, a portare al re denaro e a presentargli un memoriale su alcuni affari importanti.[24]Ma quello, fattosi presentare al re e avendolo ossequiato con un portamento da persona autorevole, si accaparrò il sommo sacerdozio, superando l'offerta di Giasone di trecento talenti d'argento. [25]Munito delle disposizioni del re, si presentò di ritorno, non avendo con sé nulla che fosse degno del sommo sacerdozio, ma avendo le manie di un tiranno unite alla ferocia di una belva. [26]Così Giasone, che aveva tradito il proprio fratello, fu tradito a sua volta da un altro e fu costretto a fuggire nel paese dell'Ammanìtide. [27]Menelato si impadronì del potere, ma non s'interessò più del denaro promesso al re, [28]sebbene gliele avesse fatto richiesta Sòstrato, comandante dell'acròpoli; questi infatti aveva l'incarico della riscossione dei tributi. Per questo motivo tutti e due furono convocati dal re. [29]Menelao lasciò come sostituto nel sommo sacerdozio Lisìmaco suo fratello; Sòstrato lasciò Cratète, comandante dei Ciprioti.

Assassinio di Onia

[30]Mentre così stavano le cose, le città di Tarso e Mallo si ribellarono, perché erano state date in dono ad Antiòchide, concubina del re. [31]Il re partì in fretta per riportare all'ordine la situazione, lasciando come luogotenente Andronìco, uno dei suoi dignitari. [32]Menelao allora, pensando di aver trovato l'occasione buona, sottrasse alcuni arredi d'oro del tempio e ne fece omaggio ad Andronìco; altri poi si trovò che li aveva venduti a Tiro e nelle città vicine. [33]Ma Onia lo biasimò, dopo essersi accertato della cosa ed essersi rifugiato in località inviolabile a Dafne situata presso Antiochia. [34]Per questo Menelao, incontratosi in segreto con Andronìco, lo pregò di sopprimere Onia. Quegli, recatosi da Onia e ottenutane con inganno la fiducia, dandogli la destra con giuramento lo persuase, sebbene ancora guardato con sospetto, ad uscire dall'asilo e subito lo uccise senza alcun riguardo alla giustizia. [35]Per questo fatto non solo i Giudei, ma anche molti altri popoli si mossero a sdegno e tristezza per l'empia uccisione di tanto uomo. [36]Quando il re tornò dalle località della Cilicia, si presentarono a lui i Giudei della città insieme con i Greci che condividevano l'esecrazione dell'uccisione di Onia contro ogni diritto. [37]Antioco fu intimamente rattristato, colpito da cordoglio e mosso a lacrime per la saggezza e la grande prudenza del defunto; [38]subito, acceso di sdegno, tolse la porpora ad Andronìco, ne stracciò le vesti e lo trascinò attraverso tutta la città fino al luogo stesso dove egli aveva sacrilegamente ucciso Onia e là cancellò dal mondo l'assassino. Così il Signore gli rese il meritato castigo.

Lisimaco muore in una sommossa

[39]Essendo poi avvenuti molti furti sacrileghi in città da parte di Lisìmaco su istigazione di Menelao ed essendosene sparsa la voce al di fuori, il popolo si ribellò a Lisìmaco, quando gia molti arredi d'oro erano stati portati via. [40]La folla era eccitata e piena di furore e Lisìmaco, armati circa tremila uomini, diede inizio ad atti di violenza, mettendo come comandante un certo Aurano gia avanzato in età e non meno in stoltezza. [41]Ma quelli, appena si accorsero dell'aggressione di Lisìmaco, afferrarono chi pietre, chi grossi bastoni, altri raccolsero a manciate la polvere sul posto e si gettarono contro coloro che stavano attorno a Lisìmaco.[42]A questo modo ne ferirono molti, alcuni ne stesero morti, costrinsero tutti alla fuga, misero a morte lo stesso saccheggiatore del tempio presso la camera del tesoro.

Menelao prosciolto per denaro

[43]Per questi fatti fu intentato un processo contro Menelao. [44]«Venuto il re a Tiro, i tre uomini mandati dal consiglio degli anziani difesero presso di lui il loro diritto. [45]Menelao, ormai sul punto di essere abbandonato, promise una buona quantità di denaro a Tolomeo, figlio di Dorìmene, perché traesse il re dalla sua parte. [46]Tolomeo invitò il re sotto un portico, come per prendere il fresco, e gli fece mutar parere. [47]Così il re prosciolse dalle accuse Menelao, causa di tutto il male, e a quegli infelici che, se avessero discusso la causa anche presso gli Sciti, sarebbero stati prosciolti come innocenti, decretò la pena di morte.[48]Così senza dilazione subirono l'ingiusta pena coloro che avevano difeso la città, il popolo e gli arredi sacri. [49]Gli stessi cittadini di Tiro, indignati per questo fatto, provvidero generosamente quanto occorreva per la loro sepoltura. [50]Menelao invece, per la cupidigia dei potenti, rimase al potere, crescendo in malvagità e facendosi grande traditore dei concittadini.

Maccabei 2 - Capitolo 5

Seconda campagna egiziana

[1]In questo periodo di tempo Antioco organizzò la seconda spedizione in Egitto. [2]Sopra tutta la città per circa quaranta giorni apparivano cavalieri che correvano per l'aria con auree vesti, armati di lance roteanti e di spade sguainate, [3]e schiere di cavalieri disposti a battaglia e attacchi e scontri vicendevoli e trambusto di scudi e selve di aste e lanci di frecce e bagliori di bardature d'oro e corazze d'ogni specie. [4]Per questo tutti pregarono che l'apparizione fosse di buon augurio.

Assalto di Giasone e repressione di Epifane

[5]Essendosi diffusa la falsa notizia che Antioco era passato all'altra vita, Giasone, prendendo con sé non meno di mille uomini, sferrò un assalto alla città. Si accese la lotta sulle mura e, quando la città era ormai presa, Menelao si rifugiò nell'acròpoli. [6]Giasone fece strage dei propri concittadini senza pietà, non comprendendo che un successo contro i propri connazionali era il massimo insuccesso, e credendo di riportare trofei sui nemici e non sulla propria gente.[7]Non riuscì però ad impadronirsi del potere e alla fine, conscio della vergogna del tradimento, corse di nuovo a rifugiarsi nell'Ammanìtide. [8]Da ultimo incontrò una pessima sorte. Imprigionato presso Areta, re degli Arabi, fuggendo poi di città in città, perseguitato da tutti e odiato come traditore delle leggi, riguardato con orrore come carnefice della patria e dei concittadini, fu spinto in Egitto; [9]colui che aveva mandato in esilio numerosi figli della sua patria morì presso gli Spartani, fra i quali si era ridotto quasi a cercare riparo in nome della comunanza di stirpe. [10]E ancora, colui che aveva lasciato insepolta una moltitudine di gente, finì non pianto da alcuno, privo di esequie ed escluso dal sepolcro dei suoi padri.

[11]Quando il re venne a conoscenza di questi fatti, concluse che la Giudea stava ribellandosi. Perciò tornando dall'Egitto, furioso come una belva, prese la città con le armi [12]e diede ordine ai soldati di colpire senza risparmio quanti capitavano e di uccidere quelli che si rifugiavano nelle case. [13]Vi fu massacro di giovani e di vecchi, sterminio di uomini, di donne e di fanciulli, stragi di fanciulle e di bambini. [14]Ottantamila in quei tre giorni furono spacciati, quarantamila nel corso della lotta e in numero non inferiore agli uccisi furono quelli venduti schiavi.

Saccheggio del tempio

[15]Non sazio di questo, Antioco osò entrare nel tempio più santo di tutta la terra, avendo a guida quel Menelao che si era fatto traditore delle leggi e della patria, [16]e afferrò con empie mani gli arredi sacri; quanto dagli altri re era stato deposto per l'abbellimento e lo splendore del luogo e per segno d'onore, egli lo saccheggiò con le sue mani sacrileghe.

[17]Antioco si inorgoglì, non comprendendo che il Signore si era sdegnato per breve tempo a causa dei peccati degli abitanti della città e per questo c'era stato l'abbandono di quel luogo. [18]Se il popolo non si fosse trovato implicato in molti peccati, come era avvenuto per Eliodòro, mandato dal re Seleuco a ispezionare la camera del tesoro, anche costui al suo ingresso sarebbe stato colpito da flagelli e sarebbe stato distolto dalla sua audacia. [19]Ma il Signore aveva eletto non gia il popolo a causa di quel luogo, ma quel luogo a causa del popolo. [20]Perciò anche il luogo, dopo essere stato coinvolto nelle sventure piombate sul popolo, da ultimo ne condivise i benefici; esso, che per l'ira dell'Onnipotente aveva sperimentato l'abbandono, per la riconciliazione del grande Sovrano fu ripristinato in tutta la sua gloria.

I funzionari del paese

[21]Antioco dunque portando via dal tempio milleottocento talenti d'argento, fece ritorno in fretta ad Antiochia, convinto nella sua superbia di aver reso navigabile la terra e transitabile il mare, per effetto del suo orgoglio. [22]Egli lasciò sovrintendenti per opprimere la nazione: in Gerusalemme Filippo, frigio di stirpe, ma nei modi più barbaro di chi l'aveva nominato; [23]sul Garizim Andronìco; oltre a loro Menelao, il quale più degli altri era altezzoso con i concittadini, nutrendo una ostilità dichiarata contro i Giudei.

Intervento del misarca Apollonio

[24]Mandò poi il misarca Apollonio con un esercito di ventiduemila uomini, e con l'ordine di uccidere quanti erano in età adulta e di vendere le donne e i fanciulli. [25]Costui, giunto a Gerusalemme e fingendo intenzioni pacifiche, si tenne quieto fino al giorno sacro del sabato. Allora sorpresi i Giudei in riposo, comandò ai suoi una parata militare [26]e trucidò quanti uscivano per assistere alla festa; poi, scorrendo con gli armati per la città, mise a morte un gran numero di persone.

[27]Ma Giuda, chiamato anche Maccabeo, che faceva parte di un gruppo di dieci, si ritirò nel deserto, vivendo tra le montagne alla maniera delle fiere insieme a quelli che erano con lui; e vivevano cibandosi di alimenti erbacei, per non contrarre contaminazione.

Maccabei 2 - Capitolo 6

Introduzione dei culti pagani

[1]Non molto tempo dopo, il re inviò un vecchio ateniese per costringere i Giudei ad allontanarsi dalle patrie leggi e a non governarsi più secondo le leggi divine,[2]inoltre per profanare il tempio di Gerusalemme e dedicare questo a Giove Olimpio e quello sul Garizim invece a Giove Ospitale, come si confaceva agli abitanti del luogo. [3]Grave e intollerabile per tutti era il dilagare del male. [4]Il tempio infatti fu pieno di dissolutezze e gozzoviglie da parte dei pagani, che gavazzavano con le prostitute ed entro i sacri portici si univano a donne e vi introducevano le cose più sconvenienti. [5]L'altare era colmo di cose detestabili, vietate dalle leggi. [6]Non era più possibile né osservare il sabato, né celebrare le feste tradizionali, né fare aperta professione di giudaismo. [7]Si era trascinati con aspra violenza ogni mese nel giorno natalizio del re ad assistere al sacrificio; quando ricorrevano le feste dionisiache, si era costretti a sfilare coronati di edera in onore di Dioniso. [8]Fu emanato poi un decreto diretto alle vicine città ellenistiche, per iniziativa dei cittadini di Tolemàide, perché anch'esse seguissero le stesse disposizioni contro i Giudei, li costringessero a mangiare le carni dei sacrifici [9]e mettessero a morte quanti non accettavano di partecipare alle usanze greche. Si poteva allora capire quale tribolazione incombesse. [10]Furono denunziate, per esempio, due donne che avevano circonciso i figli: appesero i loro bambini alle loro mammelle e dopo averle condotte in giro pubblicamente per la città, le precipitarono dalle mura. [11]Altri che si erano raccolti insieme nelle vicine caverne per celebrare il sabato, denunciati a Filippo, vi furono bruciati dentro, perché essi avevano ripugnanza a difendersi per il rispetto a quel giorno santissimo.

Carattere provvidenziale della persecuzione

[12]Io prego coloro che avranno in mano questo libro di non turbarsi per queste disgrazie e di considerare che i castighi non vengono per la distruzione ma per la correzione del nostro popolo. [13]E veramene il fatto che agli empi è data libertà per poco tempo, e subito incappano nei castighi, è segno di grande benevolenza. [14]Poiché il Signore non si propone di agire con noi come fa con gli altri popoli, attendendo pazientemente il tempo di punirli, quando siano giunti al colmo dei loro peccati; [15]e questo per non dovere alla fine punirci quando fossimo giunti all'estremo delle nostre colpe. [16]Perciò egli non ci toglie mai la sua misericordia, ma, correggendoci con le sventure, non abbandona il suo popolo. [17]Questo sia detto come verità da ricordare. Dopo questa breve parentesi torniamo alla narrazione.

Il martirio di Eleazaro

[18]Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo gia avanti negli anni e molto dignitoso nell'aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e ad ingoiare carne suina. [19]Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s'incamminò volontariamente al supplizio, [20]sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per brama di sopravvivere. [21]Coloro che erano incaricati dell'illecito banchetto sacrificale, in nome della familiarità di antica data che avevano con quest'uomo, lo tirarono in disparte e lo pregarono di prendere la carne di cui era lecito cibarsi, preparata da lui stesso, e fingere di mangiare la porzione delle carni sacrificate imposta dal re, [22]perché, agendo a questo modo, avrebbe sfuggito la morte e approfittato di questo atto di clemenza in nome dell'antica amicizia che aveva con loro. [23]Ma egli, facendo un nobile ragionamento, degno della sua età e del prestigio della vecchiaia a cui si aggiungeva la veneranda canizie, e della condotta irreprensibile tenuta fin da fanciullo, e degno specialmente delle sante leggi stabilite da Dio, rispose subito dicendo che lo mandassero alla morte. [24]«Non è affatto degno della nostra età fingere con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant'anni Eleàzaro sia passato agli usi stranieri, [25]a loro volta, per colpa della mia finzione, durante pochi e brevissimi giorni di vita, si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia vecchiaia. [26]Infatti anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire né da vivo né da morto alle mani dell'Onnipontente. [27]Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età [28]e lascerò ai giovani nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e generosamente per le sante e venerande leggi». Dette queste parole, si avviò prontamente al supplizio. [29]Quelli che ve lo trascinavano, cambiarono la benevolenza di poco prima in avversione, ritenendo a loro parere che le parole da lui prima pronunziate fossero una pazzia. [30]Mentre stava per morire sotto i colpi, disse tra i gemiti: «Il Signore, cui appartiene la sacra scienza, sa bene che, potendo sfuggire alla morte, soffro nel corpo atroci dolori sotto i flagelli, ma nell'anima sopporto volentieri tutto questo per il timore di lui». [31]In tal modo egli morì, lasciando non solo ai giovani ma alla grande maggioranza del popolo la sua morte come esempio di generosità e ricordo di fortezza.

Maccabei 2 - Capitolo 7

Il martirio dei sette fratelli

[1]Ci fu anche il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re a forza di flagelli e nerbate a cibarsi di carni suine proibite. [2]Uno di essi, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi di indagare o sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le patrie leggi».[3]Allora il re irritato comandò di mettere al fuoco padelle e caldaie. [4]Diventate queste subito roventi, il re comandò di tagliare la lingua, di scorticare e tagliare le estremità a quello che era stato loro portavoce, sotto gli occhi degli altri fratelli e della madre. [5]Quando quegli fu mutilato di tutte le membra, comandò di accostarlo al fuoco e di arrostirlo mentre era ancora vivo. Mentre il fumo si spandeva largamente all'intorno della padella, gli altri si esortavano a vicenda con la loro madre a morire da forti, esclamando: [6]«Il Signore Dio ci vede dall'alto e in tutta verità ci dà conforto, precisamente come dichiarò Mosè nel canto della protesta: Egli si muoverà a compassione dei suoi servi». [7]Venuto meno il primo, in egual modo traevano allo scherno il secondo e, strappatagli la pelle del capo con i capelli, gli domandavano: «Sei disposto a mangiare, prima che il tuo corpo venga straziato in ogni suo membro?». [8]Egli rispondendo nella lingua paterna protestava: «No». Perciò anch'egli si ebbe gli stessi tormenti del primo. [9]Giunto all'ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». [10]Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani [11]e disse dignitosamente: «Da Dio ho queste membra e, per le sue leggi, le disprezzo, ma da lui spero di riaverle di nuovo»; [12]così lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza del giovinetto, che non teneva in nessun conto le torture.[13]Fatto morire anche costui, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. [14]Ridotto in fin di vita, egli diceva: «E' bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te la risurrezione non sarà per la vita». [15]Subito dopo, fu condotto avanti il quinto e fu torturato. [16]Ma egli, guardando il re, diceva: «Tu hai potere sugli uomini, e sebbene mortale, fai quanto ti piace; ma non credere che il nostro popolo sia stato abbandonato da Dio. [17]Quanto a te, aspetta e vedrai la grandezza della sua forza, come strazierà te e la tua discendenza».[18]Dopo di lui presero il sesto; mentre stava per morire, egli disse: «Non illuderti stoltamente; noi soffriamo queste cose per causa nostra, perché abbiamo peccato contro il nostro Dio; perciò ci succedono cose che muovono a meraviglia. [19]Ma tu non credere di andare impunito dopo aver osato di combattere contro Dio».

[20]La madre era soprattutto ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché vedendo morire sette figli in un sol giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. [21]Esortava ciascuno di essi nella lingua paterna, piena di nobili sentimenti e, sostenendo la tenerezza femminile con un coraggio virile, diceva loro: [22]«Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato lo spirito e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi.[23]Senza dubbio il creatore del mondo, che ha plasmato alla origine l'uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi».

[24]Antioco, credendosi disprezzato e sospettando che quella voce fosse di scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo e non solo a parole, ma con giuramenti prometteva che l'avrebbe fatto ricco e molto felice se avesse abbandonato gli usi paterni, e che l'avrebbe fatto suo amico e gli avrebbe affidato cariche. [25]Ma poiché il giovinetto non badava affatto a queste parole il re, chiamata la madre, la esortava a farsi consigliera di salvezza per il ragazzo.[26]Dopo che il re la ebbe esortata a lungo, essa accettò di persuadere il figlio; [27]chinatasi verso di lui, beffandosi del crudele tiranno, disse nella lingua paterna: «Figlio, abbi pietà di me che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento. [28]Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l'origine del genere umano. [29]Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia». [30]Mentre essa finiva di parlare, il giovane disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di Mosè. [31]Ma tu, che ti fai autore di tutte le sventure degli Ebrei, non sfuggirai alle mani di Dio. [32]Per i nostri peccati noi soffriamo. [33]Se per nostro castigo e correzione il Signore vivente si adira per breve tempo con noi, presto si volgerà di nuovo verso i suoi servi. [34]Ma tu, o sacrilego e di tutti gli uomini il più empio, non esaltarti invano, agitando segrete speranze, mentre alzi la mano contro i figli del Cielo; [35]perché non sei ancora al sicuro dal giudizio dell'onnipotente Dio che tutto vede. [36]Gia ora i nostri fratelli, che hanno sopportato breve tormento, hanno conseguito da Dio l'eredità della vita eterna. Tu invece subirai per giudizio di Dio il giusto castigo della tua superbia. [37]Anche io, come gia i miei fratelli, sacrifico il corpo e la vita per le patrie leggi, supplicando Dio che presto si mostri placato al suo popolo e che tu fra dure prove e flagelli debba confessare che egli solo è Dio; [38]con me invece e con i miei fratelli possa arrestarsi l'ira dell'Onnipotente, giustamente attirata su tutta la nostra stirpe». [39]Il re, divenuto furibondo, si sfogò su costui più cudelmente che sugli altri, sentendosi invelenito dallo scherno. [40]Così anche costui passò all'altra vita puro, confidando pienamente nel Signore. [41]Ultima dopo i figli, anche la madre incontrò la morte.

[42]Ma ora basti quanto s'è esposto circa i pasti sacrificali e le incredibili crudeltà.

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